Bene signori,
finalmente torno dalle mie parti, e non posso mancare una visita in questo locale.
Giovedì sera, assieme a spingi, ci siamo trovati con altre due coppie di amici e vecchie conoscenze, e dopo un rapido aperitivo ci siamo diretti verso la tanto agognata meta.
Il locale è appena fuori dal centro del paese (Rivignano), un comune nella zona delle risorgive, non lontano dalla Villa Manin di Passariano (Codroipo), senonchè dalla base delle Frecce Tricolori.
Parcheggiamo con facilità proprio davanti al locale, mi sembra faccia ancora da albergo, da bar sicuramente, e da poco ha un piccolo distaccamento di cucina tipica da osteria o una cosa simile (il discorso è caduto nel vuoto entrando…).
Appena entrati veniamo accolti da una ragazza in tenuta da sala che dopo essersi sincerata che avessimo prenotato, ci chiede se desideravamo lasciare le giacche in guardaroba.
Ad accompagnarci al tavolo è il proprietario (l'unico non in divisa), ci indirizza verso l'ultimo tavolo della sala grande. Appena preso posto accanto alle sedie (mentre aspettavamo che si accomodassero le signore) ci portano tre seggioline per le borsette.
Il locale conta di due ambienti, la sala grande, con scorcio sul caminetto con braci accese della cucina (opportunamente separato da vetrata), ed una saletta più intima con caminetto e solo quattro tavolini.
Tutti i tavoli sono tondi (totale circa 40 coperti) con fini tovaglie bianche ed apparecchiati impeccabilmente (i sottopiatti hanno una rappresentazione di Klimt e riportano il simbolo del locale, il Ferarut, un tipo particolare di lume che veniva messo fuori dalla porta delle vecchie case), e sono molto ben distanziati per garantire una certa riservatezza.
Iniziano le danze dei camerieri.
Menù per signore, menù per signori. Ci danno il tempo per consultare la carta mentre ci servono un aperitivo ed uno stuzzichino.
Solo a leggere quello che proponevano ero già in tilt… in preda all' indecisione la fantasia galoppava (avrei preso tutto!).
Aspettiamo il ritorno puntale del proprietario (arriverà appena posato l'ultimo menù) , facendo quattro chiacchiere sorseggiando un fresco Franciacorta S.Cristoforo e spiluccando la granita di pomodoro con oliva pugliese sferificata e olio in polvere…
Ad essere sincero, dopo questa prima proposta ero un po' preoccupato… sperimentazione… comunque l'oliva era talmente “curiosa” che non ho potuto fare a meno di chiedere, dopo cena, come fosse ottenuta .
A questo punto avevamo già un “vuoto” quando tornano per spiegarci il menù.
Ascolto rapito la voce narrante che ci espone i piatti proposti e le tecniche di cucina.
Come previsto, alla fine, ci facciamo consigliare, e fuori carta, spuntano alcune proposte interessanti se non imperdibili (le moeche! Meglio conosciute come molleche).
Come cucina eravamo serviti, ma per il bere la scelta era ancora più ardua (la cantina conta circa 500 etichette). Cerco in sala, con lo sguardo, il figlio del titolare ma non trovandolo chiedo informazioni. Vengo a sapere che ora si occupa della cucina (come responsabile, lo chef è sempre lo stesso da 33 anni!), al suo posto una giovane e simpatica ragazza alquanto preparata che ad ogni portata ci ricordava cosa stavamo per gustare.
Tagliamo corto.
Gli antipasti
“Lotregan” al fior di sale di Pirano, sorbetto ed altre sensazioni (per me e Ivan): ottimo, tre filettini saporiti serviti con un particolare sorbetto agli agrumi rossi. Il tutto servito su un piatto fatto espressamente da un maestro vetraio di Murano, praticamente una grossa bottiglia di vetro trasparente e tondeggiante al cui interno c'era una porzione di spiaggia con tanto di conchiglie.
Granciporro natur ai fiori di stagione , crostini al pane e leggera citronette (per spingi e Susanna):
mi dice spingi molto buono e delicato, lei ha mangiato anche i fiorellini (di borragine)
Ricciola giovane dalmata cotta in rosa, verdi primizie primaverili e panna acida all'anice piccante (Matteo ed Federica)
“Moeche” (per tutti): semplicemente squisite. Si tratta di granchi in fase di muta, praticamente con il guscio morbido, che vengono tenuti in latte ed uovo sbattuto per poi essere infarinati con del semolino e fritti in olio d'oliva.
Si mangiano interi… nel piatto non resta più nulla…
Il tutto annaffiato da un ottimo tocai friulano Venica e Venica (Ronco delle cime). Decisamente il miglior vino della serata, nonostante i suoi 14°.
I primi
Tagliatelle rustiche di farro al ghiozzo cenerino con il suo ristretto e silene d'argine (per me): ottimo il consiglio del proprietario. Le tagliatelle erano una libidine (si fanno macinare i cereali in un vecchio mulino sotto specifiche richieste), il ristretto ci si attaccava proprio…
Gnocchi al cucchiaio con seppie di coccia maranese, fonduta al montasio e foglie d'albero pepe (per spingi e Ivan): soffici e polposi dice spingi, alcuni neri intrisi del nero di seppia saporitissimi, e alcuni bianchi un po' meno saporiti dei primi ma comunque gustosi; le seppie erano piccole tagliatelle fra gli gnocchi…buone buone.
Risotto mantecato agli “Zotoleti”, capperi di Pantelleria, caffè e mandorle (per Federica e Matteo), assaggiato da spingi che lo definisce una fantastica combinazione di sapori (il gusto del caffè non era marcato), molto buono.
Zuppa tradizionale di pesci di scoglio (per Susanna): dichiarata veramente buona da chi la mangia anche a Grado.
Da bere ribolla gialla Fiegl 2007. Ci avevano avvisato che era particolare, effettivamente non è stata una scelta molto azzeccata.
I secondi
Seppie di coccia maranese bruschettate, uova di trota, zabaione al Picolit ed asparagi di Tavagnacco (per me): quando mi hanno spiegato come venivano preparate ho ceduto alla curiosità. I tocchetti di seppia, alti un dito, sono stati bruschettati (praticamente scottati sulla piastra) il che gli ha dato un tocco di sapore in più, ma la cosa impressionante era la morbidezza. Difatti vengono cotti a bagnomaria a 50 gradi sottovuoto per sette ore.
Scampi pepati con Taccole e sapori al limone tra crescione fresco e casatella cremosa (per spingi ed Ivan): scampi freschissimi morbidissimi….slurp!
Razza marina e calamari cacciatorini in croccante frittura, verdi sapori e friabili insalatine (per Federica e Matteo): purtroppo la razza non era buona. Fatta notare la cosa è subito arrivato in sala il figlio del proprietario (il responsabile della cucina) per scusarsi e proporsi di rimediare. Dalle sue spiegazioni è emerso che la razza, come la ventresca e simili, sono molto sensibili alla temperatura di lavorazione. C'è qualcuno che mi possa spiegare la cosa?
Bevendo: Schiopettino di Gigante.
I dolci
Zuppetta calda di pistacchio con sorbetto ai fiori di sambuco, lamponi freschi e friabili consistenze: ottima.
In accompagnamento, dal carrello delle tentazioni, Rietvaitell Muscadell 2004 del Sud Africa consigliato molto bene.
Macedonia esotica speziata………particolare a detta di spingi anche se non ama tantissimo le spezie sulla frutta.
Il caffè: servito con biscottini al burro e meringhette con le mandorle.
Il conto
Altra sorpresa gradita della serata dopo le “moeche”… 360€ !
60 € a persona, non ci credevo, e stento a crederci tuttora…
Prima di congedarci abbiamo indugiato un po' con i titolari (padre e figlio) per discutere della cucina e del più e meno sorseggiando un ultimo ammazza caffè offerto (purtroppo non ricordo le etichette).
Purtroppo mi mancano alcune precisazioni su i bicchieri che abbiamo preso con i dolci…
Concludendo
Soddisfazione totale. 5 cappelli se li merita proprio, anche se l'inconveniente della razza potrebbe abbassare il giudizio, ne do' cinque ugualmente considerando come si sono proposti per la mancata perfezione.
Imperdibile!!!
[mizoguccini]
12/05/2008
Certo che il conto, trattandosi di uno dei ristoranti più rinomati di tutta la regione, è stato veramente dolce. Dovrei andare anche io più spesso nella regione dei miei avi se ci si mangia così e a questi prezzi.