Il 4 di Agosto, come da accordi telefonici, mi presento insieme a mia moglie alla Locanda “La Tana di Charly”, nome straniero in terra amica (come dice mio suocero ex partigiano del nostro appennino, nome americaschi) ma nella realtà il titolare è proprio un indigeno, un indigeno baffuto, tarchiato, robusto, cordiale e alla buona, di nome Carlo, ovviamente. Si presenta infatti in un primo momento con una camiciola rigata a maniche corte, successivamente sfoggerà una maglietta sul verde lucido, tipo allucinazioni caleidoscopiche da LSD, con patacche di unto di qua e di là .
La via dove si trova il locale è in realtà una stradina che conduce nel piccolissimo borgo occupato dalla Locanda, ci si può anche passare la notte, ci sono delle camere, ed esce dall'altra parte, compie una mezzaluna per intenderci. Non è facile da vedersi di primo acchito, c'è il rischio di passare oltre, sulla destra subito dopo la curva che immette sul rettilineo prima del bivio per Gaiato, c'è in effetti il cartello con l'insegna in basso, ma essendo di colori tenui, sfugge allo sguardo disattento, poi nessuno si immagina che la terrazza sia proprio lì, appena sopra la strada. Il borgo è praticamente composto dal ristorante, con sale interne, credo, non sono mai entrato, e una terrazza coperta con tavoli ben disposti, al primo piano sicuramente le stanze; di fronte al locale ce ne è un altro, con garages e magazzino e sopra altre camere. Di fronte alla terrazza il parcheggio e oltre un bellissimo pratino all'inglese con sul fondo tre camini/forno in roccia mondiali, tipo quello che ogni carnivoro vorrebbe avere in salotto al posto della televisione, o meglio nel proprio giardino per cucinarvi tutte le sere…. Il borgo si conclude con un paio di casette forse disabitate.
Questa locanda trovasi in Querciagrossa, frazione di Pavullo nel Frignano. Ho cercato informazioni storiche riguardanti il luogo, ma sembra sia un posto talmente piccolo, da non interessare nessuno, quel poco che ho trovato sarò felicissimo di condividerlo con voi.
Querciagrossa è dislocata lungo la Via Giardini dopo Pavullo, nel tratto che va dall'aeroporto fino al bivio con la strada per Renno. Superfice Kmq 144,07, Zona Geografica Italia Nord-Orientale Tipo di territorio Montagna interna Coordinate Longitudine 10° 49' 53'' 4 Coordinate Latitudine 44° 18' 46'' 44.
Sui libri storici non c'è quasi nulla, viene ricordata in vari trattati sulla Famiglia Montecuccoli perché sembra essere stato uno dei loro possedimenti. Vaga traccia la si trova infatti a pagina 486 del libro di Berardo Rossi “Raimondo Montecuccoli Â? Un cittadino dell'Europa del Seicento” , al capitolo Â?XXI Galleria di Famiglia Â? Antologia dell'albero genealogico dei Montecuccoli' troviamo al numero 36 tutte le informazioni su tale Leopoldo Filippo.
“Figlio di Raimondo, principe e maresciallo di campo dell'Impero Â? 1662-1698.
Raimondo Montecuccoli e Margarethe Dietrichstein ebbero quattro figli: Anna Aloisia, Carlotta Polizena, Leopoldo Filippo, Ernestina.
Raimondo dette all'unico figlio maschio il nome di Leopoldo Filippo. Leopoldo, in omaggio all'imperatore; non si conosce il riferimento del secondo nome, Filippo. L'imperatore Leopoldo I fu il padrino di battesimo del bimbo (il monarca fu presente alla cerimonia a mezzo procura, data al principe Dietrichstein, padre di Margarethe, maggiordomo maggiore di corte). Raimondo Montecuccoli curò con impegno particolare l'educazione del figlio. � stato pubblicato da Andrea Testa il documento delle sue direttive ai precettori del bambino (da noi riprodotto a p.339). Sebbene nel fidecommesso in cui lo costituiva erede esclusivo dei titoli e del feudo paterni ponesse la condizione che Leopoldo Filippo stabilisse con la famiglia la sua residenza in terra tedesca, Raimondo volle che il ragazzo passasse, nel 1677, un periodo in Italia, esattamente a Siena (non senza una prolungata sosta a Modena) per familiarizzarsi con la lingua italiana.
Al momento della morte di Raimondo, Leopoldo Filippo era al suo capezzale, accorso a Linz dalla città dove stava seguendo i suoi corsi di studio. Prima di partire per Vienna per essere presente ai funerali nella chiesa dei Nove Cori Angelici dei Gesuiti, Leopoldo Filippo “prese possesso” del battaglione di cui, come erede, diventava “proprietario2 in quanto ne era padrone suo padre, che lo aveva costituito e ne aveva sempre sostenuto tutte le spese, anche se faceva parte dell'armata imperiale.
Leopoldo Filippo seguì le orme di Raimondo nella carriera militare, stando comunque sempre col legatissimo agli ambienti della corte. Ebbe il titolo di principe, con un decreto di Leopoldo I, del 23 maggio 1689, che in pratica spiegava che l'imperatore, attribuendo l'alta qualifica al figlio, intendeva disobbligarsi col padre. Raggiunse il grado di maresciallo di campo; ebbe l'onorificenza del Tosòn d'Oro.
Sposò la figlia unica del conte di Colleredo, capitano della Guardia Imperiale. Nel 1678 ebbe dal re di Spagna l'Ordine di San Giacomo.
Nel 1686, per venire incontro al desiderio della comunità di Pavullo di poter erigere una scuola in paese affinché i giovani potessero applicarsi agli studi senza eccessive spese, in accordo con la provincia del Frignano, cedette ai Padri delle Scuole Pie �la chiesa, l'opera laicale dell'Ospitale, fabbriche, rendite, beni ed entrate dell'Ospitale di San Lazzaro'. Leopoldo Filippo previde anche le entrate per il mantenimento della scuola e degli insegnanti.
Nel 1689, per motivi sconosciuti, ma forse legati alla lontananza, il principe Leopoldo Filippo diede mandato al suo procuratore, il marchese Felice Montecuccoli, di vendere tutti i beni allodiali (cioè estranei al diritto feudale). Furono così ceduti i poderi che avevano costituito la parte più sostanziosa delle proprietà fondiarie della famiglia: �la Galeotta, il Pagliaro, Querzagrossa, Valdisasso, Monzaletto, il Loghetto, la vigna della Galeotta e le vigne dette Casone'.
L'erede di Raimondo Montecuccoli morì in Austria nel 1698, all'età di 36 anni, senza prole. Con lui si estinse la linea di discendenza diretta da Raimondo e il ramo stesso dei Montecuccoli di Montecuccolo. Il feudo � che era stato di Cesare, di Galeotto, di Raimondo � passò al conte Andrea, della linea collaterale di Renno-Gaiato.>>
Io e mia moglie siamo arrivati per primi, poi dopo che ci eravamo seduti e avevamo apprezzato la postazione strategica del luogo, sono arrivati i nostri compagni di cena, barbe e spingi, soliti convenevoli e presentazioni.
Arriva l'oste, nella sua nuova tenuta verdina, e ci porta come richiesto l'acqua e il vino. A questo punto debbo spezzare una lancia pro-Charly. Sono stato assai felice di ordinare del Lambrusco, detto così senza specificare ne bi ne bo. E qui il Charly si è ripresentato con una bottiglia di Vezzelli, temperatura fresca, Sorbara. Qui sta il punto, lui non mi ha chiesto niente, io non ho specificato, ma lui ha capito perché sa che dire Lambrusco vuol dire Sorbara, e gliel'ho detto. Una volta era così, poi sono saltati fuori i Grasparossa, i Salamino, i Campanoni, il Reggiano, il Parmense, il Mantovano… e adesso c'è un gran casino. Mentre disquisiamo sui lambrusche arriva anche l'acqua, una gassata e una naturale. Antipastino, qui si mangia senza ordinare, ci pensa Charly, in base a quello che passa in convento, taglierino rotondo con culaccia, salame nostrano e coppa. Tutto tagliato a misura perfetta, buonissimo, tenerissimo e gustosissimo, direi mancava solo qualche pezzetto di gnocco, ma ci siamo accontentati del pane, per quattro coperti la quantità era scarsa. Due primi, 6 tortelloni di ricotta al burro a testa con tartufo, buoni, fatti in casa, al dente, tartufo non intensissimo, sicuramente nero (da quelle parti si trova molto nero, lo vanno a cercare anche nel bosco da mia suocera, ed è una fatta rottura di b***e tutta sta gente coi cani, in stagione e fuori stagione da tartufo, che mentre sei lì che dormi all'alba, al fresco dei monti, scende per la tua stradina in auto o a piedi, i cani non stanno in silenzio e i padroni ordinano di fare silenzio, cosicchè finisce che ti svegliano. Ti svegliano per rubarti del tartufo nero che non fa in tempo a maturare perché lo raccolgono troppo presto); poi spaghetti alla chitarra con uno strano ragù, sembra ascolano, passabile, niente a che vedere col nostro però, nel complesso discreti ma scarsi. Dopo i primi arriva la seconda bottiglia di Vezzelli, mia moglie beve pochissimo, noi altri tre no. Arriva il secondo. Un piatto poco più grande del normale con alcuni pezzi di tagliata, tutti, o quasi, al sangue. Bastoncini di 10 cm per 2 spessi 1, perfettamente conditi, teneri, ottimi, ma decisamente pochi, troppo pochi. Mia moglie odia la carne al sangue, quindi prende due piccoli pezzettini un po' più cotti, io ne mangio 4 e penso altrettanti barbe e spingi. Solitamente quando mi faccio la costata da solo, oltre ad altre cose, me la compro che cruda pesa oltre il chilo, quindi fate voi, mi sarei alzato da tavola con la fame se non fosse stato per il pane.
Insieme ai bastoncini di carne viene portato un piatto di patate arrosto, buone e non unte, ma sempre poche.
Gli altri tre hanno preso il dolce, la mia signora ricorda che era così così, c'era una pallina di gelato alla vaniglia circondata da marmellata rossa (lamponi?) e una fettina di pan di Spagna che doveva essere imbibita di crema di limone, ma che in realtà era solo sormontata dalla crema tanto da risultare secchina. Io caffè deca (buono) e gli altri nocino (viene portata la bottiglia), mia moglie ne beve un sorso con spingi e barbe per poco non la finisce (se al friulano togli la sgnappa, dagli almeno un nusein).
Fine serata e tutti a casa noi verso l'alto e loro verso il basso. In conclusione bella serata con ottima compagnia, mangiato bene, non eccelso, un po' scarsino e forse per la quantità un po' caro, sempre per me, fate voi….. 27,50 euro a cranio.
Servizio veloce, non invadente e preciso.
Cappelli, mah, meriterebbe 3, però il prezzo sarebbe giusto con quantità di cibo maggiori, quindi 2 cappelli. Migliorare è un attimo !!!!
Buono
[cibus]
15/08/2008