Sono sempre molto affascinato dai viaggi: visitare nuovi posti e osservare altre abitudini costringe a riflettere, a fare paragoni. Luoghi mai visti, nuove testimonianze di antiche civiltà e stili di vita diversi, stringono in un inesorabile assedio i luoghi comuni della nostra quotidianità .
Così anche il ritorno a casa riserva delle sorprese, e la realtà che ci accoglie, meno consolidata dalle abitudini, ci appare meno indispensabile. Tutto questo rinnovarsi della mente, che come un miracolo si ripropone ad ogni esperienza, alimenta forse uno degli aspetti che più nobilitano l'animo del viaggiatore: la capacità di sognare.
Naturalmente ogni paese produce effetti diversi, e dal momento che sto parlando della Danimarca, è chiaro che il desiderio che sorge, urgente ed imperativo, è di trovare anche da noi la stessa coesione sociale. Avverto a pelle il loro orgoglio di condividere il progetto di una convivenza solidale e consapevole, mentre li osservo, tutti in bici, alleggerire il traffico e contrastare inquinamento e prezzo del petrolio.
Mi fermo a questo aspetto, semplice e spontaneo, tacendo su tante altre testimonianze meritevoli di menzione, perchè come sempre accade per ogni italiano che si rispetti, l'esame non viene completamente superato senza la prova ristorante
E allora? Come si comportano i danesi in cucina? Come trattano turisti e clienti mentre siedono ad un tavolo? Il timore, sempre presente, è trovarsi all'estero ma sognare l'Italia! Devo dire che in generale il servizio lascia molto a desiderare: modi asettici e a volte anche seriosi, se non bruschi, hanno accompagnato i nostri pasti in Danimarca.
Il ristorante che ho deciso di recensire, immerso nel centro storico di Copenaghen, a due passi dall'isola pedonale, è stato impeccabile anche da questo punto di vista, e sorrisi e cortesia hanno fatto rivivere per qualche ora in noi l'ospitalità della migliore tradizione del sud del mondo, come sono certo appaia l'Italia ai loro occhi.
Il nome del locale è preso dal famoso e bellissimo castello di Kronborg, situato a breve distanza da Copenhagen, reso ancor più celebre da William Shakespeare che vi ambientò la tragedia di Amleto.
Il ristorante è caldo, accogliente, collocato al di sotto del livello della strada, con le finestre che danno sul marciapiede. Tutto sembra accompagnarci in un breve viaggio nel passato, con piccoli quadri e affreschi alle pareti che creano un ambiente vagamente medioevale.
Appena entrati si nota subito un bel banco di legno situato sulla sinistra, con in bella fila alcune note marche di birra servite alla spina. La birra più consumata in Danimarca è sicuramente la Carlsberg, marchio molto amato, anche perché concorre a sostenere in varia misura progetti culturali e di recupero edilizio con finalità pubbliche.
Recentemente sta prendendo piede anche la produzione di birra artigianale, e l'etichetta più nominata è la Jacobsen, dal nome del fondatore della Carlsberg.
I danesi, come accade per gli altri popoli del nord Europa, sono grandi bevitori di birra, ed è facile che al ristorante un bicchiere di birra costi meno dell'acqua minerale, il cui uso è piuttosto raro.
Ci viene annunciato un tipico pranzo in stile danese, notizia che giunge molto gradita. Si tratta di una serie di portate ben distinte, presentate insieme in un vassoio, per ciascuna delle quali ci viene raccomandato di utilizzare un piatto diverso.
Si parte con un Smørrebrød, pane nero di segale sul quale veniamo invitati a spalmare del burro fresco. Si tratta della base sulla quale sistemiamo poi dei tranci di filetto di aringa, con rondelle di cipolla cruda e capperi: buonissimo!
L'aringa è davvero squisita, tenera e gustosa, e si sposa in modo straordinario agli altri ingredienti. Il filetto di aringa è infatti marinato in un intingolo agrodolce, a base di aceto e zucchero, e il suo retrogusto dolce è gradevolmente riequilibrato e valorizzato dalla cipolla e dal pane nero imburrato. A questo punto un danese "docg" accompagnerebbe tutto con un buon sorso di snaps, l'acquavite locale, ma anche con la birra il matrimonio è perfetto.
Si passa poi al carpaccio di salmone, servito con una salsina a base di fichi, anche questo abbinamento è molto felice. La terza portata è una specie di polpetta, realizzata con polpa di merluzzo, che viene accompagnata da una sorta di salsa russa a base di verdure.
Stranamente, almeno per le nostre abitudini ma rispettando le indicazioni dei proprietari del locale, passiamo alla carne di maiale, una bella fetta tenera, che raggiunge il massimo del gusto nella cotenna, ben cotta e croccante, che si mangia come fosse una patatina fritta, ma molto, molto più saporita
Anche in questo caso ci vengono proposti degli accostamenti con i contorni tipici tradizionali, a base di rape rosse e cetrioli sotto aceto.
L'ultimo passaggio è dedicato ad un formaggio a pasta molle, dall'aspetto e dal gusto molto simile al Brie, che chiude degnamente il pranzo. A questo proposito è giusto ricordare il famoso motto mo-danese nella mia traduzione in italiano: "dalla tavola non si alza mai il saggio se la bocca non sa di formaggio".
L'impressione finale, sebbene tutte le portate non fossero particolarmente abbondanti, è di giusta sazietà e l'assenza del dolce a fine pasto, consuetudine estranea alla tradizione danese, per niente avvertita.
Prezzo finale 230 corone con birra piccola, poco più di 30 euro. Devo dire che l'idea di provare tanti diversi sapori, in distinte porzioni, è stata piuttosto stimolante, e mi sento di affermare che la cucina danese tradizionale è risultata, a mio parere, una piacevole scoperta.
Consigliatissimo!!
[Meittlos]
19/08/2008
Devo dire che il tuo stile giustamente misurato e l'equilibrio descrittivo mi colpiscono sempre molto e fanno di ogni tua recensione una breve e incantevole esperienza gastronomica anche per il lettore.
Chissà.. magari vedo un last minute e domani parto per la Danimarca...
Ciao