TUSCANY: FUORI 1
In realtà secondo il mio rollino di marcia avrei dovuto mangiare altrove, cioè alla Taverna dell'Ozio a Corazzano, vicino a San Miniato (1). Purtroppo quando sono arrivato in loco, per caso debbo dire, essendo lungo il percorso del mio viaggio, era troppo presto, per loro ovviamente, mezzogiorno e dieci. La cucina apriva alle 13.00…..
Peccato, bel locale, ben pulito ed accogliente, ma questa è un'altra storia……
Siccome mancavano trenta-quaranta minuti di viaggio per arrivare a Volterra (2), alzo i tacchi e riparto.
Un grazie comunque a Rolando per la segnalazione.
Arriviamo a Volterra in tempo per entrare in centro in auto, sbaraccare i bagagli, riuscire con l'auto, cercare un parcheggio, risalire in paese e cercare un buco per mangiare. Nonostante le nostre guide recitino che non ci sono molti luoghi dove saziarsi, forse sono un po' vetuste, Volterra pullula di ristoranti o presunti tali.
Abbiamo fame, ma ciò ci impedisce di buttarci nel primo posto che incontriamo, gironzoliamo un pochetto, poi incontriamo questo locale, muro a muro con un altro. Li controlliamo entrambi, ma l'altro non ci ispira, allora dentro a questo.
Il nome e il logo sono importanti: Ombra della Sera (3).
IL LOCALE
Il locale è ubicato nella via principale della cittadina, subito dopo l'ingresso da Porta Diana (4), qui il tempo non ha cancellato ancora tutto, infatti la Porta è sempre aperta, ma c'è ancora il portone, imponente e protettivo, bloccato ovviamente al muro per evitare guai.
Il locale si presenta pulito e luminoso, nonostante sia uno stanzone lungo e profondo, che sembra si addentri nella roccia. Pittato di giallino, ognitanto sulle pareti tratti non verniciati lasciano intravedere i vecchi sassi che compongono la struttura originale dell'edificio. In fondo il bancone e, suppongo, tutto il resto. Non mi sono addentrato molto, ho scelto un tavolino vicino all'uscita, per via del freschetto…..
Locale quasi deserto, erano le 13.30, ma nonostante ciò, a parte noi, c'era un'altra coppia di anziani ed eccentrici americani.
Come nostra prima uscita toscana esordiamo con una porzione di crostini mista cadauno, costatine di cinghiale ai ferri con fagiolini bianchi per me e prosciutto arrosto con spinaci per mia moglie. Boccia di acqua gassata gelata, poi replicata, e un quartino di bianchetto.
* CROSTINI
Quattro fettine di pane toscano con sopra tre patè diversi: fegatini di pollo, olive nere, tartufo nero; e uno con dadolata di pomodoro fresco condita con sale olio e basilico freschissimo.
Che dire…..buoni buoni buoni. Li fanno buoni così ovunque. E pensare che noi non ci pensiamo mai, come entrée è perfetta…… I patè sono uno più buono dell'altro, ma anche la dadolata non era da meno, simile e più facile di quella che ho proposto io alla grigliata del 25 Agosto.
* COSTATINE
Tre belle costatine di cinghiale, che avevano solo il difetto di avere poco “selvatico”, buonissime però. Cotte perfettamente e bene, condite con misto bacche e un velo d'olio. I fagiolini altro non erano che normali cannellini bolliti caldi e conditi a piacere.
* PROSCIUTTO
Tipo il Praga, l'ho sentito alla fine, mia moglie lascia lì tutto quello che lei considera “il grasso o la pelle”, cioè quello che io reputo la parte migliore. Belle fette spesse, ben cotte e morbidissime. Gli spinaci saltati non li ho sentiti, peccato, a suo dire fenomenali..
* VINO
Vinello fresco bianco. buono.
Due deca e conto: 53.90 € in tutto.
Da segnalare: il coperto non si paga, in compenso si paga il 10% del servizio. Non so se questo sistema sia migliore del “coperto”, fatto sta che abbiamo mangiato per 49 € e pagato 4,90 € di servizio……
05,50 € per ogni antipasto
12,00 € per il cinghiale
09,00 € per il prosciutto
03,50 € per contorno
03,00 € per il quartino
02,00 per ogni acqua
01,50 per ogni deca
Nel complesso mangiato bene, ottimo il servizio, la gentilezza, la correttezza, i bagni, l'ambiente e la pulizia.
3 cappelli.
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UN PO' DI PRECISAZIONI
(1)
Il centro storico della cittadina sorge in posizione strategica su un colle lungo l'Arno a metà strada tra Firenze e Pisa; la città , fino alla definitiva conquista fiorentina, è stata quindi scena di scontri fra i due odierni capoluoghi. Sede di diocesi, San Miniato è un importante centro economico ed industriale della zona del cuoio ed è famosa per i suoi tartufi bianchi.
Il nucleo originario della città risale all'VIII secolo: un gruppo di longobardi, secondo un documento originale datato 713 e conservato nell'Archivio Arcivescovile a Lucca, si stabilì su questo colle ed edificò una chiesa dedicata al martire Miniato. Federico II di Svevia eresse nella città la rocca e vi fece risiedere il suo vicario per la Toscana. Per questa origine germanica la città fu chiamata per tutto il medioevo come San Miniato al Tedesco, nome che è rimasto in uso anche nei secoli successivi. Nel 1622 ottenne la cattedra vescovile e quindi la diocesi: fino ad allora faceva infatti parte della diocesi di Lucca. Il giovane Napoleone si recò a San Miniato ben due volte. La prima fu per avere l'attestato di nobiltà della propria famiglia, necessario per poter accedere all'accademia militare francese. Successivamente vi fece ritorno durante la Campagna d'Italia, facendo visita a suo zio Filippo Buonaparte. Una lapide affissa sul palazzo Buonaparte testimonia l'incontro lì avvenuto. La città rimase nell'orbita fiorentina fino al 1925, quando fu ceduta non senza polemiche alla provincia di Pisa. La parlata samminiatese appartiene in effetti alla sfera dei dialetti fiorentini. La seconda guerra mondiale lasciò il segno nella città per via della strage del Duomo. Venne altresì distrutta una buona parte delle costruzioni medievali, tra cui la Rocca di Federico II, prontamente ricostruita negli anni successivi.
(2)
La città , celebre per l'estrazione e la lavorazione dell'alabastro, conserva un notevole centro storico di origine etrusca (di questa epoca rimane la Porta all'Arco porta magnificamente conservata e la Porta Diana che conserva i blocchi degli stipiti) con rovine romane ed edifici medievali come la Cattedrale ed il Palazzo dei Priori sull'omonima piazza, il centro nevralgico dell'abitato. Il nome è ovviamente d'origine etrusca ed in seguito adattato al latino volaterrae. Da notare la presenza del prefisso vel prettamente etrusco e significante altura. Velathri (antica denominazione dell'attuale Volterra) faceva parte della confederazione etrusca detta dodecapoli etrusca o lucumonie. Il re (e gran sacerdote) era detto luchmon (lucumone). Parte del territorio comunale fu l'epicentro del terremoto del 2 agosto 1853, che raggiunse la magnitudo 4.63 della Scala Richter ed il V-VI grado della Scala Mercalli.
(3)
L'Ombra della Sera è una statuetta votiva proveniente dall�antica città etrusca di Velathri ed è conservata nel Museo Guarnacci di Volterra (PI). Essa possiede alcune caratteristiche che la rendono unica nel panorama, piuttosto ricco della scultura votiva in bronzo del III - II secolo a.C.
Essa rappresenta una figura maschile nuda, con un'altezza di 57,5 cm, ma ciò che risalta maggiormente è la forma allungata del corpo, eccetto la testa, che mantiene le proprozioni esatte, e questo stile così moderno risulta sbalorditivo per una scultura etrusca, infatti ricorda l'artista contemporaneo Alberto Giacometti.
In questa figura viene sottolineata una bellezza che raggiunge quasi il soprannaturale, grazie ai tratti naturali del volto. I bronzisti di Volterra erano già noti nell'antichità per le grandi capacità manifatturiere e tecnologiche, in modo da permettergli di fondere i minerali di rame delle Colline Metallifere con lo stagno, ottenendo il bronzo.
L'opera d'Arte etrusca è divenuta l�emblema della città toscana di Volterra per il suo valore storico e la sua filiforme eleganza, tant'è che, ammirandola, ci si meraviglia di sapere che l'originale sia stato prodotto circa 2300 anni fa: la sua modernità è sbalorditiva ed il suo ritrovamento perfino misterioso.
Attorno ad essa, quindi, sono nate storie popolari: una fonte che sfiora la leggenda, narra di un contadino che, nel 1879 trovò, per caso, la statuetta e la usò come attizzatoio, e di un archeologo francese, Henry Polsen, che, rifugiandosi durante una bufera nella sua casupola, gliela vide usare in tal modo, ne intuì l'importanza e sollecitò l'uomo a consegnarla al Museo della città , dove tutt'oggi la possiamo ammirare.
Ma la statuetta prosegue la sua storia, ponendosi poi addirittura all'attenzione del poeta Gabriele DÂ?Annunzio, che, si dice, le diede proprio lui il nome di “Ombra della Sera”, poiché, nel guardarla, gli venivano alla mente le lunghe ombre del tramonto.
In effetti, tale importante reperto archeologico ha una sua indubbia valenza artistica, dovuta non solo alla sua estrema stilizzazione, ma anche ad un'esecuzione di mirabile fattura.
Ma l'”Ombra della sera” non solo dà lustro a Volterra come tesoro artistico dell'antica Etruria, ma è assurta a simbolo di professionalità , ingegno, inventiva dell'Arte del Teatro.
(4)
Volterra, come molte città medioevali è cinta da una imponente cerchia di mura parzialmente costruita su precedenti mura etrusco - romane.
Queste lontane origini sono ben evidenti nella zona della chiesa di Santa Chiara in cui sono visibili ampi tratti di mura forse Etrusche e nella zona del cosidetto Arco Etrusco.
Fuori della cinta delle mura medioevali, in direzione della Val d'Era, oltre il cimitero comunale, si trova quello che rimane di questa porta etrusca. Il tempo non è riuscito a distruggere la porta che collegava la città con la principale necropoli etrusca.
Consigliato!
[candy]
05/09/2009
il prosciutto e gli spinaci.
Pero' non avresti avuto la possibilita' di assaggiare nulla, perche' io il grasso e la pelle li faccio fuori per primi