Totoc Â? tatac.
Totoc Â? tatac.
Il ritmo del tergicristallo aumenta le battute e mi riporta alla visione della realtà dopo che il mondo mi era apparso ovattato e senza bordi definiti a causa degli scrosci d'acqua che ad intermittenza iniziano a riversarsi a terra.
Sono le cinque e mezza di mattina, l'ora della lepre, quella che precede l'ora del drago.
Infatti corro come una lepre sul nastro grigio dell'autostrada e mi dirigo tra le grinfie di un grande drago nero che imperversa sulla costa romagnola.
Il cielo terso e colorato di tutte le tonalità dell'aurora, è interrotto all'orizzonte da una enorme nuvola nera a forma di drago e lo spettacolo è di quelli da mozzare il fiato:
la sagoma scura delle colline che da San Marino scivolano verso il mare, è protetta dal tenue arancione del sole che verrà , ma minacciata dagli strali di pioggia che il mostro elettrico lancia al suolo. Sopra al drago, un cielo blu di cartapesta ci ricorda che il sereno, comunque tornerà .
Ed in quell'istante mi sento come il cavaliere che osserva i primi vagiti della battaglia dall'alto di una collina, e dopo aver abbassato la visiera della sua splendente armatura, si lancia nella mischia per difendere la propria terra.
Entro nella tempesta e spengo l'autoradio per sentire meglio la forza della pioggia tambureggiare il mio destriero. Piovono catapulte di acqua, ma con fare deciso e senza timore, punto la Mini verso sud. Alcune auto si fermano in corsia di emergenza, ma io proseguo. Non so perchè, ma il mio pensiero corre a casa, ai miei affetti ed alle mie certezze, mi sento veramente come in battaglia!
Il premio per il coraggio del cavaliere sarà il cuore pieno di stupore dovuto ad un perfetto arcobaleno che, nato in mezzo all'adriatico, andrà a morire dietro al promontorio del Conero.
Un'istantanea che non dimenticherò mai.
E dopo una mattina passata veloce, mi trovo nel centro dell'appennino in provincia di Campobasso, in una Italia un po' dimenticata ma orgogliosa.
Mi fermo a Bojano, un paesotto piccolo e sgualcito, ma con un'identità popolare ben precisa, i muri tappezzati di manifesti della nuova Democrazia Cristiana, di un circo che arriverà e di una svendita per cessata attività . Un'Italia di altri tempi, ma qui ancora reale.
E di altri tempi è la Trattoria dove cerco ristoro, una sala grande e quadrata incastonata nella casa dei proprietari, appena fuori il centro storico.
Mi siedo ad un tavolo difronte alla televisione che trasmette una soap americana e scelgo dal menu, scarno ma tradizionale, una tagliatella ai porcini ed una grigliata mista con cicoria e patate al forno.
Il proprietario, coadiuvato dal figlio, è silenzioso ma molto cordiale e mi indirizza verso un quartino di vino da pasto della casa che si rivelerà leggermente scialbo. Alcuni tavoli sono occupati da operai, mentre un paio di bimbi corrono per la sala.
Mi sento come sul set di un film di Vittorio de Sica.
Le tagliatelle sono tirate a mano, ruvide, spesse ma troppo bianche per i miei gusti, qualche uovo in più non sarebbe guastato, mentre il sugo ai porcini è ottimo, abbondante, ben equilibrato e con i funghi tagliati grandi come piace a me.
La grigliata è composta da una fettina di maiale anonima, una salsiccia molto conciata e leggermente piccante che non mi entusiasma, una costina di manzo discreta e due costine d'agnello gustosissime. Il tutto è amalgamato da una cicorietta piccante sbarazzina e da patate arrosto tagliate troppo piccole e non troppo saporite.
Il pasto però è gradevole e dopo aver finito sia il vino che l'acqua, mi bevo un caffè decente e pago il conto di ventidue euro.
Tutto sommato mi sono trovato bene, nulla di eccezionale, ma se doveste passare di qua (difficile) questo è un rifugio che mi sento di consigliare.
Mi rituffo tra i monti in compagnia di una pioggia sottile che però non spaventa più, ormai il drago è stato ucciso.
Adìo Zèmian.
Consigliato!
[Funghetta]
12/11/2009